Louis James Alfred LEFÉBURE-WÉLY

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Louis-James-Alfred LEFÉBURE-WÉLY

a cura di

Alberto Pedretti


 

 

Nota dell’autore

 

Poche persone al mondo hanno la fortuna di dedicarsi alla nobile arte della scrittura. Meno ancora di poter condividere quanto scritto con gli altri, pubblicandolo o partecipando a letture in pubblico. Io faccio parte di coloro che hanno potuto scrivere di cio che più amano, dando sfogo alle proprie passioni ed alle proprie frustrazioni – musicali, si intende! – e tutto questo è stato possibile grazie a Vittorio Carrara ed allo splendido staff di “Arte Organaria”. Per quasi dieci anni, questa collaborazione mi ha permesso di arricchire il mio bagaglio musicale e collaborare, direttamente e indirettamente, con alcune tra le più importanti figure del mondo organistico ed organario internazionale, scrutando dietro le porte di cattedrali e sale da concerto e avendo accesso alle cantorie di alcuni tra i più nobili strumenti del mondo.

Così, a fronte della richiesta del Maestro Paolo Bottini di dedicare un articolo al bicentenario della nascita di uno degli autori a me più cari ho raccolto l’invito con il massimo entusiasmo, e se queste righe serviranno a convertire anche solo una manciata di scettici, avrò raggiunto il mio obiettivo! A.P.

 

 

INDICE

 

Introduzione

Scène pastorale et oràge

Louis J. A. Lefébure-Wély (1817-1870) – la vita

L’organo dopo la rivoluzione francese…nascita della “scène pastorale”

Louis J. A. Lefébure-Wély e Aristide Cavaillé-Coll…storia della “inauguration d’orgue”

Louis J. A. Lefébure-Wély – la produzione musicale

Catalogo delle opere per organo, harmonium e harmonicorde

Note

Bibliografia

Discografia

 

 

Vorrei dedicare queste pagine al grande organista francese ed amico François-Henri Houbart, che mi accolse a Parigi nel lontano 2001 e mi aprì le porte della cantoria de La Madeleine! A.P.

 

 

Introduzione

 

Durante i primi due terzi del diciannovesimo secolo, la musica organistica ed il modo di suonare si allearono con una estetica popolana volta ad intrattenere un pubblico poco colto. Escludendo alcuni “puristi”, le idee e le forme della scuola classica francese erano da lungo uscite dalla memoria. Al loro posto i dettami della moda francese, indubbiamente influenzata dal gusto operistico dell’epoca, incoraggiarono una musica organistica infusa di nuovi effetti sonori. Su questo terreno fertile e bisognoso di personalità trainanti si inserì la figura di Louis James Alfred Lefébure-Wély, ormai prepotentemente tornata alla ribalta delle cronache musicali. Musicista dal gusto raffinato e dalla solida tecnica, improvvisatore dalla vena inesauribile, con lui il concertismo entrò a far parte del mondo organistico, in un’epoca in cui l’organista era solitamente relegato al semplice servizio liturgico.

 

Sono ormai lontani i tempi in cui René Saorgin proponeva la prima registrazione discografica delle sue opere al sublime organo Nicholas Antoine Lété (1845) di Nantua e Christopher Herrick, capostipite di una serie di organisti “di concerto” inseriva nella sua serie “Organ Fireworks” per l’etichetta discografica Hyperion le più celebri pagine dell’autore. Da qualche decennio a questa parte, nella capitale francese non c’è concerto d’organo che non includa almeno un omaggio a quello che era stato a lungo considerato dai contemporanei il Santo patrono del cattivo gusto. Il recupero della sua produzione organistica e vocale, si deve soprattutto alla dedizione del giovane organista Vincent Genvrin1, e del musicologo ed organista Joris Verdin.

 

Il consiglio che voglio dare a tutti i detrattori di Lefébure-Wély, che ritengono insignificante questo autore o il repertorio a lui legato, è di lasciare il comodo divano del prorpio salotto e recarsi ad ascoltare la sua musica dal vivo sugli strumenti per i quali fu scritta. Mettetevi nei panni dei poveri parigini che si trovarono ad ascoltare questi brani per la prima volta su strumenti di potenza allora impensabile…e l’immagine della gente che scappa dal cinematografo per il terrore di essere investiti dal treno nella celebre pellicola "L'arrivo di un treno alla stazione di La Ciotat" prodotta da Auguste e Louis Lumière nel 1895 vi sembrerà meno surreale.

 

Ora, tenetevi forte…il temporale si avvicina e le luci stanno via via per affievolirsi...

 

SCÈNE PASTORALE ET ORÀGE

Louis J. A. Lefébure-Wély - L’organista ufficiale del Secondo Impero

 

 

“La fama è troppo spesso il risultato del cattivo gusto popolare, l’immortalità è troppo spesso una question di scarso giudizio critico.” Charles Bukowsky

 

 

Louis J. A. Lefébure-Wély (1817-1870) – la vita

 

Sebbene siamo usi associare i colori degli organi Cavaillé-Coll alle opere di Franck, Widor o Vierne, la musica che più di ogni altra riflette il gusto dei parigini tra il 1840 ed il 1870 è quella di Louis James Alfred Lefébure-Wély. Nato a Parigi il 13 novembre 1817, non sa che il destino gli riserverà in sorte di essere una delle più discusse personalità musicali ed organistiche di Francia. Figlio di Isaac-François Antoine Lefébvre (1762-1831), soprannominato Lefébure2, organista di Saint-Roch, il giovane Louis James apprende presto l’arte organistica e non tarda ad avvicendare il padre - affetto da emiplegia al lato sinistro del corpo - alla consolle. A soli otto anni, nel 1826 presiede alla prima messa domenicale, il giovedì di Pasqua. I suoi progressi sono documentati nei manoscritti di quegli anni del genitore così come le composizioni che il padre gli scrisse nel corso degli anni3, pagine classiche ma decisamente complesse per un principiante, ricche di varie figure ritmiche, recitativi e cambi di tastiera, registrazioni coloristiche. Lo stesso genitore lo introdusse a quegli effetti sonori che avrebbero caratterizzato poi la sua produzione, come l’Oràge (ottenuto da clusters di note nella sezione inferiore del pedale ed entrambe le mani sui manuali, a produrre un suono ondulato), boati improvvisi, drammatici silenzi e frasi melancoliche sul registro di Vox humana. Nel 1831, alla morte del genitore, il quattordicenne Alfred viene nominato titolare di Saint-Roch, grazie al supporto della Regina Amélie d’Orléans. Ammesso al Conservatorio di Parigi l’11 ottobre 1832, consegue il Second Prix in Pianoforte (nella classe di Pierre-Joseph-Guillaume Zimmermann, 1785–1853), Composizione e Organo (sotto la guida di François Benoist, 1794-1878) nel 1834 ed il Premier Prix in entrambi gli strumenti l’anno successivo.

 

Continua gli studi di composizione in Conservatorio con Henri-Montan Berton (1767-1844) e Fromental Halévy (1799-1862) e, privatamente con Adolphe Charles Adam (1803-1856), nonchè di improvvisazione con Louis-Nicolas Séjan (1786-1849), orsganista di St.Sulpice. Sposatosi con la cantante professionista Fanny Hodker4, rinuncia a concorrere per il Grand Prix de Rome. Un protetto della nobiltà, frequenta i salotti borghesi dove spesso si esibisce con la moglie e le due figlie, entrambe pianiste. Nel 1847 diviene organista titolare del Cavaillé-Coll de La Madeleine dove resterà fino al 1857. Sono gli anni della fama, come dimostrano le numerose testimonianze scritte della critica5 e dei contempoanei6, che si concludono con il ritiro dall’attività di organista per dedicarsi alla composizione di un’opera, Les Recruteurs, tre sinfonie per orchestra, oltre 150 composizioni per piano, tre messe e numerosi brani per organo e per harmonium. Risale a questo periodo l’inaugurazione dell’organo di St.Clotilde (dicembre 1859), da lui condivisa con César Franck (1822-1890), che ne aveva progettato la disposizione fonica, poi pesantemente rivista dallo stesso Cavaillé-Coll7. Lefébure-Wély tornerà infine all’attività organistica nel 1863, a seguito dell’inaugurazione del Cavaillé-Coll di St.Sulpice. Improvvisatore di grande talento, organista liturgico e pianista di fama, si dedica anche alla composizione di musiche corali, teatrali e cameristiche ed alla redazione di alcuni saggi concernenti l’organo liturgico e gli strumenti delle varie chiese di Parigi. Criticato da molti, osannato da altri, egli è stato definito “l’organista ufficiale del Secondo Impero”, con tutto quello che di buono e di cattivo i Francesi implicano in questa definizione8. Morì a Parigi nella notte tra il 31 dicembre 1869 ed il primo gennaio 18709.

 

In un periodo socialmente difficile, a ridosso della Rivoluzione del 1848, sotto un Napoleone III che cerca in tutti i modi l'appoggio sociale degli ambienti cattolici10 e che intraprende grandi opere di ricostruzione e ristrutturazione di chiese ed edifici religiosi, l’organista di St.Sulpice è, nel bene e nel male, una personalità. Contemporaneo di Franck, se ne distacca circa il modo di considerare il sinfonismo organistico: se il primo trasfonde l’orchestra nell’organo, Lefébure-Wély continua a considerarlo un mezzo per esprimere una musica più sensuale ed “alla moda”, che affonda le sue radici nella tradizione musicale classica francese, estranea allo stile contrappuntistico, insinuandosi sul solco tracciato da Michel Corrette (1707-1795) e Nicolas Sejan (1745-1819).

 

In un panorama musicale dominato da posizioni contrapposte ed esasperate, Lefébure-Wély viene ora lodato, ora ferocemente criticato: Saint-Saëns lo considera un grande improvvisatore, ma lo svilisce come compositore, giudicandone insignificanti le opere11. Lemmens, nel 1850, non è ancora arrivato a Parigi che già sale le scale dell’organo di St.Sulpice per conoscerlo. I critici, dopo il suo concerto di inaugurazione dell’organo Cavaillé-Coll di St.Sernin a Tolosa, gli consigliano di andarsi a studiare le opere di Boëly e Benoist i quali, testualmente, “non prostituiscono gli organi francesi alla barcarola, al galop, al valzer ed alla polka”. Alkan gli dedica ironicamente i suoi Études pour les pieds seulement, sottolineando come Lefébure-Wély sia ben lungi dal possedere una tecnica del pedale adeguata; Franck gli dedica il suo Final, Op.2112, eseguito in occasione dell’inaugurazione dell’organo di St. Clotilde ma, in questo caso, a dispetto dei detrattori, non si tratta di un affronto alla tecnica di Lefébure-Wély, quanto all’intenzione di dimostrare al mondo organistico francese la propria capacità di scrivere nello stile del rivale13. Tornando al nostro eroe, François-Joseph Fétis (1784-1871), docente, bibliotecario e direttore del Conservatorio di Bruxelles, lo strapazza in un articolo dal titolo “L’organo mondano e la musica erotica in chiesa” – e capiremo il perchè; Cavaillé-Coll lo considera uno dei migliori organisti e fa tesoro dei suoi consigli per la realizzazione di diversi nuovi organi che, da lui progettati, verranno poi sfruttati al meglio da molti dei suoi detrattori14.

 

Rimane il fatto che, malgrado egli si premurasse di fare abbassare le luci della chiesa durante l’esecuzione delle sue Oràge per renderne più spettacolari gli effetti, suscitando il sarcasmo dei colleghi, fu uno dei più grandi improvvisatori francesi dell’Ottocento, tanto da sbalordire Franz Liszt, che pure in materia non era certo l'ultimo arrivato.

 

A fronte della decisa rinascita della musica antica (è di questi anni la pubblicazione del primo Dizionario del Canto Gregoriano, un’opera mastodontica ed unica nel suo genere), e dall'altra la sempre più costante rivalutazione delle opere bachiane e la loro interpretazione secondo i canoni “germanici”, i suoi ammiratori lo richiamarono piu volte affinché adottasse lo “stile religioso” a cui - a priori - non era né un estraneo né ostile. Tuttavia, forte delle sue abitudini e propensioni, e soprattutto delle richieste della sua “clientela”, sembrò spesso aver preso l'alternativa più semplice, l'opzione immediatamente accessibile, la musica che non fa e non suscita domande, la musica francese, con la sua ricerca della “sensualità”, in piena antitesi con le nuove idee musicali di alcuni suoi contemporanei che abbracciarono la corrente musicale più “spiritualista”, che vedeva nella musica tedesca, in special modo nelle opere di Johann Sebastian Bach, l’origine della vera musica.

 

Al contrario dell’effetto sul pubblico, i brani in stile secolare provocavano forti reazioni dei fedeli se utilizzati per accompagnare la messa. Molti organisti inserivano estratti d’opera durante il servizio religioso. I critici lamentarono che le cattedrali francesi “si indignassero quando Lefébure-Wély faceva venire loro le vertigini con “um-pah-pah” e idee banali, quando prostituiva i loro organi con barcarole, controdanze, galop, valzer e così via”15. Anche a St.Sulpice, dove fu organista dal 1863 al 1869, la secolarità del suo stile fu disapprovata. In una pagina del suo taccuino, datato maggio 1865, egli scrisse in modo significativo: “Oggi ho improvvisato per loro una fuga interminabile; sperò che non diranno più che so suonare solo la polca!”

 

Lo stesso Widor era empatico nell’esprimere la sua convinzione che la musica organistica francese fosse caduta in uno stato di decadenza dalla fine del XVIII secolo. In molti scritti mise in evidenza la degenerazione dei suoi immediati predecessori, spesso citando recensioni dell’epoca. Denunciò quegli organisti come “musicisti senza cervello ed esecutori senza dita” ed attaccò specialmente le improvvisazioni di Lefébure-Wély come “ore ed ore di scemenze”. L’opinione di Widor per dispositivi atti a riprodurre eventi naturali è facilemente intuibile. Riguardo l’Oràge, un visitatore della cantoria di St.Sulpice notò “un cospicuo buco in corrispondenza del pedaletto rimosso, a tesimonianza dell’idea che ne aveva l’organista”.

 

Stanti queste condizioni, la figura musicale di Lefébure-Wély rimane, ancora oggi, molto contraddittoria a seconda di come si vede la questione. Come organista liturgico fu apprezzatissimo ed il suo Vademecum dell'organista ne testimonia la notevolissima capacità compositiva. Come pianista fu tra i più famosi del suo tempo ed anche come compositore di opere corali e cameristiche fu ben considerato. Come compositore di opere organistiche, nonostante le varie critiche, la maggior parte delle quali dettate esclusivamente da avversione precostituita e faziosa, fu del tutto coerente con le sue idee musicali, che consideravano assolutamente estraneo alla tradizione francese lo stile bachiano e contrappuntistico. La sua produzione, che ci è comunque pervenuta abbastanza ridotta, se da una parte testimonia una radicata continuità con lo stile un poco lezioso dei decenni precedenti, dall'altra denota un notevole sviluppo in modo “sinfonico” di alcune idee musicali e formali che verranno prese a modello da Franck e da Widor, e questo lo si può agevolmente vedere analizzando la sua Marche en mi bémol o il suo Offertoire en ré mineur dove, abbandonata la formula tipica tripartita della Sonata, Lefébure-Wély migra verso una forma molto più elaborata in cui vengono poste le basi per una concezione più specificatamente sinfonica della composizione organistica.

 

 

L’organo dopo la rivoluzione francese… nascita della “scène pastorale”

 

Facciamo dunque un passo indietro per vedere chi siano questi famigerati musicisti accusati da Widor di aver portato alla rovina la scuola classica francese. Sebbene malignato da alcuni critici come periodo di decadenza o addirittura periodo “vuoto” nella storia della musica organistica francese, poche epoche storiche sono altrettanto intriganti come quella della Rivoluzione francese. I musicisti si videro costretti a sposare il gusto popolare a causa del collasso dell’istituzione che li aveva sfamati fino ad allora, cercando di giustificare la propria arte e salvaguardarla dalla rovina. Come se non bastasse il metallo degli strumenti era merce rara allora come in ogni periodo bellico. Dei 2000 organi censiti in Francia nel 1789 ben pochi sopravvissero ai saccheggi ed all’editto di Talleyrand che il 10 ottobre 1789 propose che lo Stato sequestrasse i beni della Chiesa. Dei 522 organi messi all’asta 418 furono smantellati. I restanti furono acquistati per pochi franchi dalle parrocchie con l’intento di salvarli. Il 6 marzo del 1795 la Convenzione Nazionale autorizzò i rivoluzionri al saccheggio e gli organisti si affaccendarono per cercare di salvare i pochi strumenti restanti.

 

Tra il 1793 ed il 1800 lo Stato cominciò a fare richiesta di musica per accompagnare le celebrazioni, con la conseguenza che gli organisti dovettero ingegnarsi per riassemblare il possibile dei loro strumenti, restaurarli e, soprattutto, ritagliarsi delle nicchie di pubblico per le esibizioni. L’esempio più eclatante di organista dell’Ancién régime sopravvissuto alla rivoluzione fu Claude-Bénigne Balbastre (1727-1799). Altri, come Jean-Jacques Beauvarlet-Charpentier (1734-1794), non superarono la delusione della perdita della propria posizione e finirono per morirne. La dinastia dei Couperin fu falciata dalle morti precoci, Armand-Louis “l’Ancien”, organista di Notre-Dame e della Sainte-Chapelle, morì nel 1789, il figlio Pierre-Louis lo stesso anno. Un altro figlio, Gervais-François (1759-1826), anch’egli organista della Sainte-Chapelle, intraprese invece la strada del compiacimento delle istituzioni16, così come aveva fatto Nicolas Séjan (1745-1819), considrato il creatore della scuola pianistica francese, nominato titolare di Saint-Louis-des-Invalides nel 1809 e poi di Saint-Sulpice. Il pianoforte fu infatti visto da molti come una valida alternativa all’organo, sulla quale dirottare l’attenzione del pubblico. Un altro celebre organista, Guillaume Lasceux (1740-1831)17, che era stato titolare s Saint-Etienne-du-Mont, si mantenne suonando nella chiesa sconsacrata e dedicandosi alla composizione secondo lo stile classico francese, mentre altri colleghi si associarono alla tradizione dei festival all’aperto dove suonavano canti popolari su strumenti collocati su palchi e piattaforme.

 

La maggior partre degli organisti rimase comunque fedele alle forme classiche per lo strumento, Plein-jeux, Fugues, Récit, Noëls, che rifiorirono soprattutto nell’ultimo decennio del XIX secolo, come si può vedere dai manoscritti che si trovano nel museo del Louvre. I due generi organistici che più attrassero l’attenzione del pubblico nel periodo post-rivoluzionario furono comunque le Variations sur un noël e le improvvisazioni sul tema del Te Deum. Tra i compositori più innovativi in questo ambito troviamo Michel Corrette (1709-1795), con il suo Neuveau Livre de Noels (1741) e soprattutto i suoi Pièces pour l’orgue dans un genre nouveau (1787). Musicista straordinario, autore di alcune tra le pagine più belle dell’organo francese18, nelle sue partiture rtroviamo i primi segnali del gusto cangiante del periodo ed una progressiva perdita di sacralità, anche nelle forme più legate alla liturgia, come i Versets pour le Magnificat. È proprio Corrette, facendo seguito alle osservazioni di Jean-Jacques Beauvarleu Charpentier, che evocava la necessità dell’utilizzo di effetti sonori quali vento e tuoni nel Te Deum19, a spiegare come ottenere l’effetto nel suo brano “Grand Jeau avec le tonnerre” (il tuono è prodotto posizionando una tavola sull’ultima ottava del pedale – la Trompette 8’ e la Bombarde 16’ devono essere inserite – che il piede spinge all’occorrenza. Alla fine, per imitare l’allontanarsi del tuono, l’organista pressa con il gomito gli ultimi tasti del manuale). Non è chiaro a questo proposito quanto spesso venisse presritto questo artifizio, sopprattutto nella letteratura improvvisata. Limitatamente a Corrette, fanno testo le poche composizioni scritte che lo prescivono. Nel citato Grand Jeau avec le tonnerre se ne richiedde l’uso 7 volte nelle prime 42 misure e 10 nelle altre 48. In questo senso non saremmo molto lontani dall’effetto del canto degli uccelli così diffuso nellle partiture di Daquin ed ottenuto con i trilli prolungati su uno o entrambi i manuali.

 

Un altro effetto che avrebbe ricevuto un grande plauso del pubblico nelle scene partorali è quello della danza a simboleggiare la serenità della popolazione interrotta dal tuono. In questo caso è Guillaume Lesceux (1740-1831) nel suddetto Essai thèorique et pratique sur l’art de l’orgue (1809) a indicare il passaggio dalla Voix humaine del manuale d’Echo all’uso di mano e braccio sinistro per creare una specie di “ondulazione acustica”.

 

Ma Corrette, con i suoi brani “di battaglia”, come Le combat naval ricca di cluster ed effetti pirotecnici, precorse anche il filone di quella letteratura tutta popolare volta ad osannare le vittorie militari e compiacere le folle. Ecco allora la Bataille à grand choeurs di Charles Broche (1752-1803) a Rouen, la Victoire de l’armée d’Italie, ou bataille de Montenotte di Beauvarlet-Charpentier del 1796 o la sua Bataille d’Austerlitz con sottotitolo Pièce militaire et historique. Lo stile era scontato, apertura con la Marseillaise o lo Chant du départ, la battaglia col nemico, sottolineata dal chaos nella partitura ed il Chants du victoire finale. Piano piano gli organisti si convinsero che lo stile si adattava perfettamente a quello del Judex crederis e quindi perchè non replicarlo? Ecco allora i toni patriottici a simboleggiare il Natale e le battaglie a rappresentazione del Te Deum. E quando il clima politico virò ad una relativa tranquillità, lo stile si sposò perfettamente con le scene bucoliche e campestri.

 

 

Louis J. A. Lefébure-Wély e Aristide Cavaillé-Coll…storia della “inauguration d’orgue”

 

Il 1830 è visto come una sorta di spartiacque nella storia musicale francese, come l’inizio dell’era romantica, identificata con la prima esecuzione della Symphonie fantastique di Berlioz che si tenne il 5 dicembre di quell’anno. In realtà di segni premonitori ce n’erano stati parecchi. Nel 1929 François-Joseph Fetis (1784-1871) aveva predetto una vera e propria rivoluzione in ambito organistico con l’avvento dell’orgue expressif. Organari quali Sébastien Erard (1752-1831), Gabriel-Joseph Grenié (1756-1837) e John Abbey (1785-1859) avevano dimostrato che gli esecutori erano ora in grado di ottenere effeti dinamici e cambi di registrazioni senza la necessità di allontanare le mani talle tastiere. Strumenti con una o più divisioni racchiuse in casse espressive e strumenti ad ancia libera si diffusero con tale velocità che sempre più spesso, sulle partiture, la dicitura “pour orgue ou harmonium” divenne una costante della prassi esecutiva.

 

Così, l’arrivo a Parigi nel 1933 del giovane Aristide Cavaillé-Coll (1811-1899) divenne quasi un segno del destino. Nessun organaro nella storia dello strumento, fatta eccezione per Ernest Martin Skinner (1866-1960) negli Stati Uniti avrebbe influenzato e monopolizzato in maniera cosi prepotente l’estetica esecutiva di un’epoca. Cavaillé-Colll aveva ventidue anni quando ottenne l’incarico di ricostruire lo strumento della Basilica di S.Denis ma, se ci pensiamo, tutte le figure organistiche che firmeranno la rinascita organistica francese del XIX scolo erano giovanissime: Lefébure-Wély sedicenne, Félix Danjou (1821-1866) ventunenne, Joseph Pollet (1806-1863) ventisettenne, Alexandre-Charles Féssy (1804-1856) ventinovenne, François Benoist (1794-1878) trentanovenne, Lois-Nicholas Sejan (1745-1819) e Alexandre Boely (1785-1858) poco più che quarantenni. Per quasi mezzo secolo il connubio Cavaillé-Coll/Lefébure-Wély sarrebbe diventato una sorta di marchio di fabbrica per l’organo francese. L’organista fu la prima scelta di Cavaillé-Coll per l’inaugurazione dei suoi strumenti per oltre venti anni; l’organaro ne sponsorizzò la carriera concertistica e la nomina quale titolare ad alcuni dei suoi strumenti più prestigiosi. I due erano veri amici. Cavaillé-Coll era riuscito a unire le forze con questo talentuoso “dandy” che, meglio di chiunque altro, aveva colto il potenziale musicale delle nuove tonalità e combinazioni per creare una musica entusiasmante, innovativa, scioccante ed a volte straziante. Con Léfebure-Wély in cantoria, è probabile che questi suoni ammalianti e zuccherosi diffondessero, senza vergogna, anche durante la messa, non musica liturgica ma da salone. Nel favorire la diffusione di questo genere Lefébure-Wély rinsaldò una moda che aveva turbato per decenni quei fedeli che preferivano una maggiore separazione tra i ambiti musicali. In una lettera all’organaro Aristide Cavaillé-Coll, il popolare organista scriveva:

 

“Stai pensando anche tu alla pioggia ed alla grandine? Amico mio, devi assolutamente focalizzare l’attenzione su questo capolavoro della natura. Quando un esecutore provetto vuole attrarre il pubblico nella sala, dà prova della sua bravura sulla porta. Così noi dobbiamo cercare di imitare i nostri degni colleghi. Raccogliamoli all’interno, usando tempeste, campane, canto d’uccelli, tamburini, cornamuse e voci umane. Quindi introdurremo nelle orecchie di questi ignari gli estasianti, soffici suoni dell’organo di St. Sulpice, che dopo tutto è il più bell’organo conosciuto”.

 

Ad essere sinceri, il connubio tra i due cominciò precedentemente all’inaugurazione del primo strumento parigino di Cavaillé-Coll (1838) in Notre-Dame-de-Lorette, in quanto nel 1836, Lefébure-Wély promosse la versione di Cavaillé-Coll di organo ad ancia libera, denominato poïkilorgue. Nel 1939 egli avrebbe suonato lo strumento due ore al giorno in occasione della “Exposition des Produits de l’Industrie”.

 

L’unico vero antagonista in ambito organario per Cavaillé-Coll in questo periodo fu la firma “Daublaine-Callinet” che vantava come direttore tenico l’organista Félix Danjou (1812-1866), titolare di St.Eustache. Dalle pagine del suo periodico musicale “Revue de la musique religeuses, populaire et classique” l’organsta attaccò più volte Cavaillé-Coll per il suo tentativo di imitare le voci orchestrali, implementare il volume sonoro degli strumenti ed introdurre modifiche alla meccanica degli organi, portando lo strumento ad allontanarsi dalla sua natura per sposare il gusto secolare. L’organaro, da parte sua, lo ringraziò per aver riassunto im maniera così precisa quelle che erano le sue intenzioni, vale a dire rimuovere “quelle foreste di nazard, quarte, tierce e cornet che infesavano gli strumenti” a favore dei suoi nuovi registri armonici. La presenza di organi sempre più ricchi di sonorità imitative dell’orchestra fece sì che anche l’organista non potesse più accontentarsi del puro accompagnamento liturgico, ma migliorasse il proprio livello tecnico-musicale, accedendo a brani di maggiore difficoltà esecutiva.

 

Dovremo però aspettare la fine del decennio prima che il mondo organistico, prodigo di idee, sbocciasse in una vera e propria esetica esecutiva e compositiva che aveva già stravolto altri settori musicali, quali per esempio quello orchestrale. Nel maggio 1838 Pierre Dallery (1735-1812) completò il restauro dell’organo di Notre-Dame a Parigi, inaugurato da Sejan, Boely, Danjou e Gilbert. Pochi mesi dopo, in ottobre, il primo strumento parigino di Cavaillé-Coll, in Notre-Dame-de-Lorette, ebbe il suo esordio. La stampa, rappresentata da La France musicale, si stupì dell’affluenza di pubblico attratto dall’evento. Dai tempi di Daquin, Rameau, Couperin e, più tardi, Sejan e Balbastre, non si vedeva tanto pubblico ad una inaugurazione d’organo. Gli organisti deputati furono il titolare Alphonse Gilbert (1805-1870), Louis-Nicholas Sejan (titolare di Saint-Sulpice), Alexandre-Charles Fessy (titolare di Notre-Dame de l’Assomption) e Lefébure-Wély (allora titolare di Saint-Roche), la vera attrazione della serata. Una recensione non firmata del concerto inaugurale del 1938 puntualizza i gusti e gli standard esecutivi tipici del periodo: “L’inaugurazione dell’organo di Notre-Dame-de-Lorette si è tenuta lunedì davanti ad un pubblico folto ed altolocato; guardando la gente alla moda nella chiesa, uno avrebbe potuto pensare che stessero assistendo ad un concerto in Rue Vivienne; ed i brani che sono stati suonati sull’organo non erano certo tali da togliere quell’illusione. Valtzer ed altre melodie civettuole, che ricordavano l’Opera e la Salle Mustard – che è quello che i pianisti venuti ad inaugurare lo strumento hanno suonato. È triste ma va detto: l’arte di suonare l’organo è in uno stato di profonda decadenza”.

 

A fronte del consiglio di studiare i classici, tra tutti Johann Sebastian Bach e Georg Friedrich Haendel, il ventunenne Louis-James-Alfred aveva ormai capito quello che il suo pubblico voleva ascoltare. Così come avrebbe fatto Virgil Fox nel ventesimo secolo, decise di sposare il gusto del pubblico a scapito dei consigli della parte conservativa dei colleghi. L’anno seguente Lefebure-Wély fu scelto per suonare, davanti ad una giuria, i quattro strumenti presentati alla “Exposition des Produits de l’Industrie” da altrettanti organari: Cavaillé-Coll (che vinse la medaglia di bronzo), Abbey, Daublaine e Callinet. L’organista avrebbe ricoperto lo stesso ruolo alle esposizioni del 1844 e 1849. L’organo di Cavaillé-Coll venne quindi trasferito temporaneamente a Saint-Roche e poi nelle Chiesa Luterana “Les Billettes” della capitale ed inaugurato dall’organista austriaco Sigismund Neukomm (1778-1858).

 

Nell’estate del 1841 il nome di César Franck (1822-1890) fece la sua comparsa agli onori della cronaca sulla Revue et Gazette musicale, ma l’attenzione del mondo musicale era tutta concentrata sull’inaugurazione del nuovo organo della Basilica reale di St. Denis, il più grande e moderno al mondo, prevista per il 21 settembre alle ore 14.00. Lo strumento incorporava per la prima volta la famosa “leva Barker”, inventata l’anno precedente dall’inglese Charles Spackman Barker (1806-1879) con la finalità di accoppiare i manuali senza gravarli della resistenza meccanica della trasmissione. L’evento fu etichettato come “fiasco” da La France musicale a causa del prolungarsi delle cerimonie religiose di inaugurazione e dei vespri. Lefébure-Wély venne incaricato di suonare uno ad uno i singoli registri ed il conceto si ridusse al grand chœur finale.

 

Da allora, l’inaugurazione ed il concerto inaugurale divennero eventi separati a sottolineare il solco sempre più profondo che si stava creando tra organo e liturgia, tra concertista ed organista liturgico, figure che solo Widor seppe ricucire a fine secolo. Nel 1842, in occasione dell’inaugurazione del nuovo Cavaillé-Coll di Saint-Roche non ci furono quindi contrattempi e tutta l’attenzione e lo sdegno della critica della Revue et Gazette musicale si concentrarono sulla decisione di Lefébure-Wély di improvvisare una fantasia sui temi dell’opera di Meeyerbeer “Robert-le-diable”!

 

Nel corso degli anni ’40 si diffuse anche la moda di organizzare audizioni, presso le case organare, degli strumenti in preparazione prima del loro trasferimento nella sede di destinazione. Cavaillé-Coll decise di adeguarsi organizzando una serie di concerti sull’organo per Saint-Jerome, Tolosa nella sua Maison di Venue du Maine, 13 e 15 (XVe arrondissement) della capitale. Accanto al fedelissimo Lefébure-Wély fu l’occasione per far esordire sulla scena il giovane Piétro Cavallo (1819-1892) nativo di Monaco di Baviera, trasferitosi nella capitale francese nel 1842. Il concerto conclusivo della serie si tenne in presenza di Gioachino Rossini, responsabile di aver convinto Cavaillé-Coll a trasferirsi a Parigi, che diede a Cavallo un tema sul quale improvvisare una fuga.

 

Nel 1844 venne inaugurato il nuovo organo Daublaine-Callinet della Église Saint-Eustache, recentemente presentato alla “Exposition des Produits de l’Industrie” del 1844. Accanto a cinque organisti della capitale (Lefébure-Wély, Fessy, Benoist, Boëly e Sejan), per la prima volta apparve una “guest star”, il tedesco Adolf Hesse (1809-1863) di Breslau, che eseguì tra le altre composizioni la Toccata BWV 540 di J.S.Bach. La presenza di Hesse fu una nuova occasione per un attacco della Revue et Gazette musicale nei confronti dello stile di Lefébure-Wély, mentre Le Ménestrel si schierò dalla parte di Fessy e del nostro Alfred. La gloria dell’organo Daublaine-Callinet durò solo pochi mesi, fino all’incendio provocato accidentalmente da Barker il 16 dicembre durante una manutenzione al suo dispositivo.

 

Come è facile capire, gli anni si succedettero cadenzati da inaugurazioni repentine e ravvicinate, favorite dalla capacità produttiva di Cavaillé-Coll e della sua Maison. Nel 1946 fu la volta del Daublaine-Callinet-Ducrouquet di St.Sulpice e del Cavaillé-Coll de La Madeleline, col primo registro di Voix celeste prodotto dall’organaro. Le star sempre le solite (Fessy, Sejan, Lefébure-Wély). Il 13 novembre del 1946 l’organo de La Madeleine divenne teatro di un evento benefico in favore delle vittime della recente alluvione della Valle della Loira. Per l’occasione Lefébure-Wély improvvisò una “Tempesta” in memoria delle vittime. I vari episodi del disastro servirono da ispirazione; lampi di luce, tuoni, lo scatenarsi delle acque, i lamenti delle vittime. Secondo quanto si dice, “l’intera assemblea fremette, si vedevano lacrime di dispiacere bagnare i volti più impassibili”. Nella primavera seguente i due organisti protagonisti dell’evento si scambiarono posizione. Fessy si trasferì a Saint-Roche e Lefébure-Wély a La Madeleine, dove rimase fino al 1857.

 

Gli ultimi anni del decennio video una nuova rivoluzione politica, il 22 febbraio 1848, e la conseguente ascesa al potere di Napoleone III (1808-1873). Le difficili condizioni economiche sbaragliarono la concorrenza di Cavaillé-Coll che divenne protagonista assoluto della scena con i suoi strumenti. Tra gli avvenimenti del periodo spicca il funerale di Fryderyk.Chopin (1810-1849), a La Madeleine. Accanto a brani per coro, solisti ed orchestra, Lefébure-Wély suonò all’organo alcuni preludi per pianoforte del compositore.

 

Il 1850 si aprì con l’irruzione sulla scena parigina di un organista che avrebbe influenzato la scena musicale in maniera indelebile, Jacques-Nicolas Lemmens (1823-1881). Singolari le similitudini tra Lemmens e Lefébure-Wély, la cui musica invece si attesterà agli antipodi del gusto musicale; mentre uno si dedicherà alla carriera concertistica l’altro diventerà il caposcuola di una tradizione di insegnamento20. “Le cronache raccontano che una mattina Lefébure-Wély ricevette una visita nella cantoria de La Madeleine. Il giovane Jaak Nikolaas Lemmens si presentò con la raccomandazione di Hasse. Dopo averlo ascoltato suonare, il grande organista gli disse: “Ragazzo, uno che suona come te non ha bisogno di alcuna raccomandazione!”

 

La prima importante inaugurazione del periodo fu quella del Cavaillé-Coll di Saint-Vincent-de-Paul. Sebbene lo strumento, ancora incompleto, fosse stato suonato da Cavallo in occasione della festa del patrono nel luglio 1851, l’inaugurazione ufficiale si tenne il 26 gennaio 1852. Alle tastiere Lefébure-Wély e lo stesso Cavallo. Il programma interamente dedicato all’improvvisazione, eccezion fatta per una fuga di Bach suonata dall’allora titolare. Due anni dopo, Ducroquet terminò il nuovo strumento destinato a rimpazzare quello devastato dal fuoco a Saint-Eustache. L’occasione permise la prima apparizione in pubblico di Lemmens e di César Franck, allora trentaduenne e titolare a Saint-Jean-Saint-François, che eseguì la sua Pièce en la majeur. A completare il quartetto Cavallo e Auguste-Ernest Bazille (1828-1891), titolare a Sainte-Elisabeth. L’accompagnamento delle opere vocali fu affidato a Edouard Batiste (1820-1876)21, organista di Saint-Nicholas-des-Champs. Nell’occasione la stampa, rappresentata da Adolphe Charles Adam (1803 –1856), lamentò l’assenza del più grande degli organisti, Lefébure-Wély e del talentuoso Fessy, mentre Franck venne tacciato di non essere in grado di sfruttare le risorse dell’organo moderno22a causa del suo stile severo, mentre Lemmens passò come un grande didatta più che un grande organista.

 

Sarebbe stroppo semplificativo giunti a questo punto attribuire il successo di Lefébure-Wély quale concertista basandosi solo sull’uso coloristico dello strumento, sui brani appariscenti e descrittivi o sul compiacimento del gusto popolare. C’era anche uno sfoggio di musicalità nelle sue improvvisazioni che lasciò un ricordo indelebile in più di un grande musicista. Guilmant, intervistato da William George Pearce negli anni ‘90, nonostante il legame indidssolubile con il maestro Lemmens dichiarò: “Lefébure-Wély è stato il più grande improvvisatore che la Francia sia stata in grado di produrre. Gli improvvisatori sono rari. Lemmens non sapeva improvvisare in alcun modo.” Significativa anche la testimonianza di Saint-Saens: “Lefébure-Wély era un improvvisatore fenomenale, lo dico per averlo ascoltato, ma ha lasciato poche composizioni insignificanti per lo strumento”.

 

Il 6 décembre 1851, l'antica Église Sainte-Geneviève, divenuta Panthéon nel 1791, venne riconsacrata al culto cattolico da Louis Napoléon et affidata ai “Chapelains de Sainte Geneviève”. Il nuovo organo fu commissionato, mancoa dirlo, ad Aristide Cavaillé-Coll. Lo strumento fu installato nel 1853, per un totale di 21 registri su due tastiere e Clément Loret (1833-1909) venne nominato titolare. Nel 1885, la chiesa fu nuovamente convertita a Panthéon dal presidente Jules Grévy e, nel 1891, l’organo venne trasferito nella cappella dell’hôpital militaire du Val-de-Grâce dall’organaro Merklin, che lo dotò di leva Barker e di una nuova consolle. L’ultima audizione nel Panthéon, avvenne in occasione del funerale di Victor Hugo.

 

Nonostante l’amicizia e la prolungata collaborazione con Lefébure-Wély, Cavaillé-Coll riconobbe il valore di Lemmens e cercò più volte di supportarne la carriera. Nel 1855, in occasione dell’inaugurazione del suo organo per la cattedrale di Saint-Omer, egli suggerì i nomi di Lefébure-Wély, Simon, Fessy, Cavallo e Durand. Sottolineò anche che a suo parere Lefébure-Wély e Lemmens erano i più grandi organisti contemporanei e consigliò che venissero entrambi ingaggiati. Alla fine l’inaugurazione coinvolse il solo Lefebure-Wély per ragioni di costo. L’anno successivo la situazione si ripetè con l’organo di Saint-Nicolas a Ghent. Ancora una volta solo Lefébure-Wély venne invitato. Come conseguenza, Fétis, convinto che ci fosse un boicottaggio nei confronti del suo protetto, si scatenò pubblicando sulla Revue et Gazette musicale un articolo dal titolo eloquente “L’organo mondano e la musica erotica in Chiesa”. L’unica conseguenza al suo gesto fu l’esclusione di Lemmens da ogni futuro evento che coinvolgesse strumenti di Cavaillé-Coll. Il 1855 fu anche l’anno che segnò la comparsa a Parigi di due allievi di Lemmens destinati alla fama, Clément Loret e Alphonse-Jean-Ernest Mailly (1833-1918).

 

Tornando alla rivalità a distanza con Nicholas Lemmens, con il quale Lefébure-Wély condivise una serie di parallelismi che ha davvero del curioso, dovremmo porci una domanda sul perchè la musica di quest’ultimo sia caduta in un dimenticatoio dal quale sembra non poter riemergere, mentre quella del prode Alfred vive di vita propria e si rigenera ciclicamente. Chi in effetti suona abitualmente le sonate di Lemmens, pubblicate nel 1874, se non Patrice Caire, Kurt Leuders e Joseph Sluys, e non è forse vero che il più celebre brano di Lemmens, la Fanfare dal “Methode d’Orgue” (1862) deve il proprio successo proprio a causa della scrittura nello stile francese?

 

Nel 1856 venne inaugurato da Cavallo e Franck il Cavaillé-Coll della Cattedrale di Carcassonne, mentre nel 1857 vu la volta dello strumento di Saint-Merry a Parigi, il cui titolare Camille Saint-Saëns (1835-1921) scelse un programma dedicato in gran parte alle proprie composizioni scritte. Saint-Saens, ammesso come uditore nella classe d’organo di Benoist al Conservatorio, a soli 16 anni vinse il primo premio, divenne titolare a Saint-Merry nel 1853 e sostituì Lefébure-Wély a La Madeleine a seguito delle sue dimissioni, rimanendovi per vent’anni. In meno di un decennio dalla prima lezione d’organo, Saint-Saens si ritrovò in una delle posizioni più invidiate dagli organisti della città.

 

Nel 1858 Cavaillé-Coll competò lo strumento della chiesa di Saint-Louis-d’Antin, inaugurato da Lefébure-Wély. L’analisi del programma ci fa capire perché l’organista fosse il prediletto dal celebre organaro nella necessità di esaltare tutti gli aspetti coloristici dei suoi strumenti.

 

I.

 

  1. Improvisation in F major on the gambes of the two manuals, crescendo, and on all the stops of the organ, decrescendo.

  2. Improvisation in E-flat major on the 8’ flûtes harmoniques; solo on hautbois with 4’ flûte.

  3. 3. Vocal solo by Mrs. Lefébure-Wély: “Ave Maria” by Miné, accompanied by a voix humaine registration.

  4. Fugue in D minor (Meditaciones Religiosas, Op.122, No.6), on reeds and foundations of the récit, with a crescendo leading to a grand chœur registration for the end.

  5. Improvisation: rustic march in B-flat, detached rhythm, with an hautbois solo imitating a bagpipe.

 

II.

 

  1. Funeral march (Meditaciones Religiosas, Op.122, No.9) on foundations, with a solo on trompette harmonique and tremblant.

  2. Vocal solo by Mrs. Lefébure-Wély: “O Salutaris” by Lefébure-Wély, with a solo on flûte harmonique.

  3. Improvisation in G major, with harp effects.

  4. Improvisations in C: pastoral scene, dance of the villagers, thunder effects.

 

 

Così, l’anno successivo, prima dell’inaugurazione dello strumento di Sainte-Clotilde, l’organaro fece in modo che il suo pupillo lo suonasse per ben due volte, la prima per la Duchessa d’Alba, la seconda in occasione di un matrimonio. Nella serata d’inaugurazione Lefébure-Wély divise la scena col titolare César Franck. Stando a quanto riportato dal critico Adrien La Fage su La Revue et Gazette Musical (1860), Franck eseguì la Pièce in mi bémol (1846), un Preludio e Fuga in mi minore di J.S. Bach (BWV 548 o più probabilmente BWV 533 molto diffuso all’epoca) ed il suo Finale, op. 21 dai Six Pièces, dedicato allo stesso Lefébure-Wély, che si limitò invece a tre improvvisazioni, una delle quali di carattere sinfonico su temi natalizi.

 

È questo il periodo nel quale la figura del grande concertista Lefébure-Wély comicia ad essere insidiata da quella di un altro virtuoso, Eduard Batiste (1826-1876), vincitore del Gran Prix de Rome nel 1876. Sebbene Batiste sia stato uno dei precursori nel recupero della leteratura organistica rinascimentale e barocca, da Frescobaldi a Couperin, è forse dal punto di vista compositivo uno degli autori che più si avvicinano a Lefébure-Wély (si pensi per esempio al celeberrimo Grand Offertoire in D minor così spesso eseguito) anche se la sua produzione, più celebre in Inghilterra che in patria, è tutt’ora avvolta nell’oblio, se escludiamo la recente pubblicazione del doppio CD Edouard Batiste “Le dompteur d’orgues” di Diego Innocenzi (ÆOLUS). Il titolare di St.Eustache divenne l’uomo di punta della scuderia di organisti che si raccolse attorno alla Merklin & Schütze, grande antagonista di Cavaillé-Coll23. Tra le altre figure emergenti ricordiamo Marie-Auguste Massacrié-Durand (1830–1909), che succedette Fessy all’organo di Saint-Roche nel 1856 dopo aver ricoperto lo stesso ruolo per sette anni a Saint-Ambroise e per quattro a Sainte-Geneviève. Nel 1863 Durand sostituì Cavallo a Saint-Vincent-de-Paul in occasione del trasferimento di quest’ultimo a Saint-Germaine-des-Prés, rimanendovi fino al 1874. Altra figura emergente fu quella del fratetllo di César Franck, Joseph (1825-1891), allievo di Benoist e tirolare prima a Saint-Thomas-d’Aquin e poi a Notre-Dame-d’Autueil. Singolare che l’unica composizione dedicata al fratello sia stata la per altro bellissima Sicilienne et oràge (ca. 1864)24, che dubitiamo sia mai stata eseguita a Sainte-Clotilde!

 

Con il ritorno a Parigi di Charles Gounod (1818–1893), nel 1877 e l’ascesa di figure come François-Clément Théodore Dubois (1837-1924), primo premio in organo nel 1859 e Gran Prix de Rome nel 1861 e Charles-Valentin Morhange detto “Alkan” (1813-1888), possiamo definitivamente ritenere conclusa l’epoca nella quale si potevano contare sulle dita di una mano gli organisti francesi in grado di conoscere ed eseguire la musica di J.S.Bach. Sebbene votato principalmente al pédalier piuttosto che all’organo, Alkan divenne celebre soprattutto per la raccolta 12 Etudes d’orgue, ou de piano à pédales, pour les pieds seulement, guarda caso dedicata a Lefébure-Wély. Anche in questo caso non fu mai chiaro se la dedica fosse un segno di rispetto piuttosto che una sfida all’ingombrante figura di Lefébure-Wély25.

 

La metà degli anni ’50 devenne anche il periodo nel quale fiorirono vere e proprie dinastie di organisti lontano dalla capitale francese, che finirono poi per riversarvici balzando agli albori della cronaca. Parliamo dei Widor, a Lione, dove Jean Widor (1775-1854) lavorò con Callinet e fu titolare a Saint-François-de-Sales ed il cui figlio Charles-Marie (1844-1937) sarebbe diventato il celeberrimo titolare di Saint-Sulpice; parliamo dei Guilmant a Boulougne-sur-Mer, con il padre Jean-Baptiste (1794-1890) ed il figlio Félix-Alexandre (1837-1911), futuro titolare de La Trinité di Parigi; parliamo infine dei Klein a Rouen, dei Collin a Saint-Brieuc, dei Grosjean a Saint-Dié-des-Vosges e degli Hess a Nancy.

 

Un altro periodo di transizione ed innovazione, gli anni a partire dal 1860 videro comparire accanto alle inaugurazioni in pompa magna i primi veri e propri recital organistici, programmati pochi giorni dopo l’evento e dedicati alla musica espressamente composta per lo strumento. Spesso si trattava di composizioni dell’interprete, ma sempre più spesso i nomi di Bach, Haendel, Mendelssohn e Lemmens cominciaronon a comparire nei programmi. Gli anni sessanta rappresentarono anche la fine di un’era con il ritiro dalla scena delle grandi personalità come Lemmens e Lefébure-Wély in favore di nuove generazioni di virtuosi: Félix-Alexandre Guilmant e Alexis Chauvet, entrambi nati nel 1937, Charle-Marie Widor e Eugène Gigout, nati nel 1844.

 

Nel 1860 Lefébure-Wély poteva sicuramente considerarsi ancora come il re degli organisti parigini, ma dopo il suo congedo dalla Madeleine, nel 1857, il suo interesse per l’organo fu soppiantato da quello per la composizione ed il teatro e, soprattutto, per gli harmonium e gli harmonicorde costruiti da Debain. Sembrò quasi volesse tenere un basso profilo nel capoluogo francese. Nonostante questo il nostro partecipò a parecchie inauguazioni di organi dell’amico Cavaillé-Coll, sebbene la scelta degli eventi divenne molto più selettiva, lasciando quindi la scena a figure come Batiste26, Charles-Renaud de Vilbac (1829–1884) e Pierre Edmond Hocmelle (1824 - 1895). La sua fama rinvigorì con l’insediamento quale titolare dell’organo di Saint Sulpice nel 1863 dove rimase fino alla morte.

 

Tra le più celebri inaugurazioni che si tennero nel 1860 ricordiamo quella dell’organo Merklin-Schütze della Cattedrale di Rouen. In questo caso il recital che segui l’inaugurazione fu affidato a Lemmens, che eseguì musiche proprie, di Bach ed Haendel.

 

Arriviamo così all’evento del 1862, l’inaugurazione dell’organo più grande di Francia e del mondo intero, completato nell’aprile ed udito dapprima in occasione della Pasqua, suonato da Schmitt, titolare dal 1849, quindi in occasione dell’ “Esposizione” di Londra, suonato da Lefébure-Wély, ed infine per l’inaugurazione ufficiale del 29 aprile, affidata a Georges Schmitt (1821-1900), Guilmant, Auguste Bazille (1828-1891) César Franck e Saint-Saens. Il 2 maggio Guilmant tenne il recital organistico, con musiche di Bach, Haendel, Theodor Kullak (1818-1882) e dello stesso Guilmant. I due concerti rappresentarono il battesimo parigino del giovane organista di Boulougne-sur-Mer. Quando si trattò di scegliere il nuovo titolare a cui affidare questo capolavoro, il clero, al corrente della volontà di Lefébure-Wély di rimettersi in gioco e consapevole dei contatti presi dallo stesso con Saint-Germain-des-Prés decise di accettare l’altissimo ingaggio di 3000 franchi più 1000 franchi di spese richiesti dallo stesso. Cavaillé-Coll dichiarò la sua sorpresa come quella dell’organista che non si aspettava una risposta positiva dalla commissione incaricata. Il musicista era comunque cambiato, tanto da includere nel programma del concerto di insediamento tenutosi in presenza di Rossini una fuga di Bach, un proprio Offertoire en fa, un brano con una “Tempesta” ed un Grand Choeur come finale. La stampa dell’epoca riposta come Rossini, compiaciuto per la bellezza dello strumento e la bravura dell’organista stava uscendo dalla chiesa quando esclamò…”Una tempesta!”…”Mi divertono sempre, quindi rimarrò!”.

 

Nel 1866, a seguito della morte della madre residente a Parigi, Franz Liszt si recò nella capitale e decise di visitare Saint-Sulpice, dove Lefébure-Wély suonò per lui, e quindi Sainte-Clotilde, dove Franck fece lo stesso. All’invito di Lefébure-Wély affinchè provasse lo strumento il grandissimo musicista rispose con un simpatico…”mi limito a suonare strumenti di campagna!”

 

Con l’approssimarsi della fine del decennio ci troviamo di fronte all’inaugurazione del Cavaillé-Coll di Notre-Dame, suonato per la prima volta dal titolare Sergent per la cerimonia del Natale 1867. All’inaugurazione del 6 marzo 1868 Lefébure-Wély non partecipò e lasciò la scena a Durand, Chauvet, Saint-Saens, Franck, Guilmant e Widor. Interessante comunque vedere che nel recital che seguì, Saint-Saens inserì oltre ad una improvvisazione, una trascrizione di un brano pianistico di Liszt Liszt, una marcia ed una “Tempesta”, che fece storcere il naso alla critica.

 

Il 28 maggio 1868 fu la volta dell’inaugurazione della nuova chiesa di Saint-Augustin ed il 17 giugno dell’inaugurazione da parte di Edouard Batiste del suo organo Barker-Peschard27, primo strumento in assoluto ad adottare la trasmissione elettropneumatica, destinato ad Eugène Gigout (1844–1925), titolare dal 1863.

 

All’inizio del 1869 Cavaillé-Coll fece gli ultimi ritocchi al suo nuovo strumento per La Trinité, inaugurato il 16 marzo. Alla consolle Widor, Saint-Saens, Durand, Franck ed Henri Fissot (1843-1896), recentemente nominato titolare a Saint-Merry. Ancora una volta Durand propose una Pastorale et Oràge. La critica questa volta non commentò ed anzi, focalizzò il suo disappunto su Franck e Saint-Saens, sottolineando come...“stile religioso e “stile tedioso” non debbano per forza essere sinonimi.

 

La prematura morte di Lefébure-Wély nella notte tra il 31 dicembre 1869 ed il capodanno 1870 motivò il diradarsi delle sue apparizioni in pubblico e soprattutto la sua assenza in occasione delle inaugurazioni di Notre-Dame e de La Trinité. In occasione del servizio funebre, Charles Louis Ambroise Thomas (1811–1896), riferendosi ai giudizi costrastanti nei confronti del musicista, ne fece un grande elogio, riferendogli il tributo di essere stato “il primo, il più dotato ed il più ardente promotore dei progressi compiuti nel’arte organaria”...“Lascio agli altri l’onere di ricordare le meravigliose esecuzioni, la profonda scienza della registrazione, il gusto squisito, la felice amalgama di timbri così diversi tra loro, l’inesaustibile varietà di effetti e sonorità per concludere con la bellezza delle improvvisazioni, dove charm, eleganza, chiarezza e spesso grandore venivano miscelate”.

 

Alcuni anni dopo, quando un monumento venne eretto in onore di Lefébure-Wély nel cimitero di “Père-Lachaise”, solo pochi organisti (Batiste, Guilmant, Deslandres) ed un organaro (Debain) presenziarono. A testimonianza della velocità con la quale i miti vengono dimenticati e rimpiazzati. Cavaillé-Coll, osservatore perspicace, aveva ragione nel concludere che questo stile galante, anche se “capace di restare a galla”, era un vicolo cieco. Nonostante la sua inventiva febbrile e reale integrità artistica, Lefébure-Wely non era l'uomo adatto a raggiungere le vette sinfoniche a cui il costruttore di organi aspirava. A costo di un rapporto teso che può aver contribuito alla morte prematura dell'organista, Cavaillé-Coll (l’artista e l’uomo d'affari), si rivelò doppiogiochista, finendo per scegliere dunque quale suo terreno di gioco la grande tradizione polifonica che Lemmens e la sua scuola erano ritenuti incarnare.

 

 

Louis J. A. Lefébure-Wély – la produzione musicale

 

Perché privarsi del piacere di suonare le composizioni di Lefébure-Wély? La sua musica, indice di pura gioia, è immediata, fresca, coloristica, dal carattere improvvisativo, dominata da una vera e propria ossessione per la melodia, per i ritmi marziali e gli accordi percussivi. Raramente le partiture danno l’idea di essere ragionate o composte a tavolino, piuttosto, appaiono come estemporanee, prodotte di getto alle tastiere dello strumento e con un uso del pedale sempre di “riempimento”, mai a riprendere i temi principali della composizione. La ricchezza coloristica, la richiesta di voci di solo, effetti d’eco, crescendi, sforzandi, richiede la disponibilità di strumenti come minimo dotati di due o tre tastiere. Ci si dimentica troppo spesso che Lefébure-Wély presiedette a tre dei più imponenti organi Cavaillé-Coll parigini, due dei quali disponevano di quattro tasiere (Saint-Roch, La Madeleine) ed uno di cinque (Saint-Sulpice) e che lo stesso organaro fece tesoro dei suoi consigli per la realizzazione di diversi nuovi grandi organi da lui inaugurati. Non si spiega quindi la necessità di far apparire certe composizioni come semplici “miniature”, perdendone così il carattere ed i colori prettamente sinfonici. Ascoltando questi brani mi chiedo inoltre dove sia finito il famigerato “gusto pompieristico” attribuitogli da Giuseppe Radole nella sua “Letteratura Organistica dal tre al Novecento (Edizioni Carrara, 1996). Si notano invece una sensualità ed un profondo romanticismo, meno liturgico rispetto a quello di Franck, ma che in molti passaggi prelude ai celebri valzer degli Strauss viennesi. Ascoltandola attentamente, questa musica è tutto fuorché volgare e banale.

 

Un altro aspetto caratteristico è la brevità delle partiture. Fedele alla scuola francese, Lefébure-Wély ha composto brani che trovano una collocazione felice all’interno della liturgia così come dei programmmi concertistici. In questo senso è stato un precursore. Pensiamo alle sinfonie per organo di Widor prima e di Vierne poi. Ogni singolo movimento si sviluppa dai tre ai sette minuti di durata, a testimonianza dell’utilizzo che gli autori ne facevano durante la Messe Basse, Widor in particolare. Se è vero che gran parte delle sinfonie che vanno dalla 5a alla 10a furono composte per linaugurazione di un ogano Cavaillé-Coll, le testionianze dell’utilizzo dei singoli movimenti da parte dell’organista di Saint-Sulpice durante le funzioni domenicali abbondano.

 

Ad oggi rimango dell’avviso che lo strumento più adatto alla produzione di Lefébure-Wély sia il Van den Heuvel di St. Eustache a Parigi, dove ho avuto la fortuna di ascoltare dal vivo la sua musica e sul quale, purtroppo, il solo Christopher Herrick ha registrato la Marche in F major, No.4. Accanto a questo, ovviamente i grandi Cavaillé-Coll di St. Denis, St. Sulpice e de La Madeleine. Buoni risultati si hanno anche sugli strumenti britannici (Willis, Harrison & Harrison, Hill, Norman & Beard) dalle tinte oltremodo cupe ed ovviamente sui grossi strumenti statunitensi (E.M.Skinner, Æolian-Skinner, Austin, Schoenstein) dove molto spesso le ance ad alta pressione vengono utilizzate per cantare i temi delle Sortis in opposizione al tutti del Grand Orgue, temi che si perdono o vengono soffocati se suonati sulla stessa tastiera. L’esempio più eclatante è quello della Sortie en mi bémol majeur (L’organiste moderne) registrata da Christopher Herrick sull’Æolian-Skinner della St.Bartholomew’s Church, Park Avenue, NYC, con l’utilizzo della Trompette Harmonique 8’ ad alta pressione del Solo (Organ Fireworks IV). L’esecuzione ha fatto epoca e più nessuno degli organisti anglosassoni ed americani ha suonato il brano senza adottare questo accorgimento. Strepitosa per esemepio la recente registrazione di Susan Jane Matthews all’Æolian-Skinner/Casavant della Grace Cathedral di San Francisco. Piuttosto improponibile accostare questo repertorio agli strumenti romantici tedeschi se non quelli di Frederich Ladegast. Le sonorità di Sauer e Walcker sono del tutto inadeguate. Molto bella anche l’idea del nostro Valter Savant-Levet di trasferire il repertorio di Lefebure-Wély sui colori dei nostri strumenti di fine ‘800 (organo Carlo Vegezzi-Bossi, 1891, della Chiesa di S. Francesco, Tonengo di Mazzè), con l’uso di Campanelli, Gran Cassa e Rollante. Il CD è piacevolissimo e non dubitiamo che, se Lefébure-Wély avesse potuto disporre di questi registri ne avrebbe come minimo abusato…!

 

È bene ricordare infatti che, se anche la sua musica è passata alle cronache come un repertorio ricco di effetti sonori “teatrali”, tali effetti erano ottenuti in gran parte solo grazie al cromatismo (scale cromatiche ascendenti e discendenti, accordi di “settima diminuita” prodotti riducendo una settima minore di un semitono cromatico) e ad alcuen tecniche esecutive (utilizzo dell’avambraccio sinistro con pressione alternata da gomito a polso e viceversa) dal momento che gli organi Cavaillé-Coll non disponevano d’altro che del pedale d’Oràge ed erano ben lungi dall’offrire la Regenmaschine dell’organo organo Kuhn della Hofkirche St.Leodegar di Lucerna.

 

Tornando alla produzione del nostro, il consiglio che mi sento di dare è quello di approcciarla partendo da composizioni di media difficoltà e dalla grande bellezza, che possano essere affrontate da organisti poco esperti, senza per questo risultare noise. In questa senso, la raccolta Meditaciones religiosas para organo Op.122, risalente agli anni de La Madeleine è l’ideale. Dedicata alla principessa Éugenie de Palafox, moglie spagnola di Napoleone III, quindi Regina spagnola col nome di Isabella II (regnante dal 1843 al 1868), quasi a testoimoniare l’appoggio di Lefébure-Wély delle posizioni moderatamente progressiste della monarca, ci presenta un autore molto ispirato, misurato e lontano dagli eccessi che sarebbero scaturiti durante gli anni a St.Sulpice. Lo stile compositivo è in primo luogo melodico, il linguaggio musicale, nella sua semplocità, risulta diretto e trasparente. La raccolta, pubblicata per la prima volta da Régnier-Canaux a Parigi nel 1858, si compone di dieci brani, alcuni dei quali eseguiti di frequente, mentre altri meriterebbero di esserlo, soprattutto in ambito liturgico. Mi riferisco ai due andanti, in particolare il poetico No.5, ideale per il postcomunio ed alla bellissima Marche Funébre, No.9 che richiama così da vicino Chopin. La Marche in Fa, No.4 è una delle perle di tutta la aproduzione dell’aurtore e la si sente di sovente. Le due incisioni migliori sono quella di Vincent Genvrin al Cavaillé-Coll de La Madeleine e, soprattutto, quella di Christopher Herrick al Van den Heuvel di St.Eustache (Organ Fireworks III). Interessante anche la Sortie, No.8, che anticipa quelle più famsose degli anni a venire. Anche in questo caso, consiglio l’esecuzione di Françoise Levéchin-Gangloff all’organo Cavaillé-Coll dell’Église Saint-Roch, primo strumento parigino di cui Lefébure-Wély fu titolare ed ancora uno degli strumenti più interessanti, che si colloca a cavallo tra barocco e romanticismo, rendendosi perfetto per eseguire gran parte del repertorio francese dell’800-900. È in ottimo stato di conservazione. Che dire della Fugue, No. 6? Il legame con le partiture di Couperin è evidente (pensate a la Fugue sur le chromorne dalla Messe propre pour les Couvents) ed il brano si sposa perfettamente con i Jeux de fonds del Grand’Orgue + appel d’anches di Récit e Positif.

 

L’Organiste Moderne (1868-69), scritto negli ultimi anni di vita e a detta stessa dell’autore “écrits d’après des Motifs improvisés aux Offices de St. Sulpice” costituisce il suo vero e proprio testamento musicale. Alfred era all’apice della sua creatività, forma, melodia ed armonia tutti in ordine impeccabile. Lo stile compositivo ormai progredito ed in grado di fare il suo effetto. È da questa raccolta che proviene la magguor parte delle composizioni oggi eseguite. I brani erano intesi per essere alternati con brani vocali quali Plainchant o Faux-Bourdon composti dallo stesso autore. Facente parte della raccolta, la Scène pastorale, pour une inauguration d’orgue ou messe de minuit è uno dei brani più celebri ed eseguiti. La bellezza è indubbia così come la semplicità compositiva. Il brano, probabilmente una trascrizione dell’autore stesso di materiale utilizzato in concerto o durante la messa (una prassi trasmessasi di generazione in generazione tra i titolari di St.Sulpice e che avrevbbe trovato il suo coronamento con la figura di Marcel Dupré, se pensiamo alle Variations sur un vieux Noël, Op.20 o alla Symphonie-Passion, Op.23, originariamente improvvisate all’organo del Wanamaker di Phladelphia) è l’esempio viù vivido trasmessoci di improvvisazione in ambito “bucolico” del periodo successivo al 1850, quando il tema della “Tempesta” intesa come battaglia28 fu sostituito da quello della “Tempesta” come causa di sconvolgimento dalle attività del villaggio. Le sezioni sono chiaramente distinte: introduzione – le attività rurali, pastorale – il pascolo, l’incedere del tuono e del vento sempre più vicini mentre le attività continuano, lo scatenarsi della tempesta sottolineata dal cromatismo di tutto l’organo, l’allontanarsi della tempesta ed il graduale ritorno alla calma, la preghiera di ringraziamento mentre qualche tuono si ode ancora in sottofondo, la ripresa variata dell’introduzione, il canto degli uccelli (in questo caso una imitazione dell’usignolo con un registro di 2’), l’inno conclusivo sulla Vox humana 8’. A seconda delle edizioni in commercio può essere previsto o meno il pedale d’Oràge e l’utilizzo del Registro di usignuolo. In caso di mancanza del primo viene raccomandata la pressione simultanea del Do grave e del Dodiesis della Flûte di 16’, a crescere. Anche in questo caso, l’incisione di Vincent Genvrin a La Madeleine è imbattibile.

 

Soffermarci su tutti i brani della raccolta sarebbe oltremodo lungo, ma non possiamo non citare le tre celeberrime e roboanti Sorties, Sortie en sol mineur, Sortie en si bémol majeur, Sortie en mi bémol majeur, lo splendido Offertoire en sol majeur, la dolcissima Elévation ou Communion en la mineur (vera poesia per l’anima...) e la Communion en fa majeur pour une Messe du jour de Noël e l’infinità di meravigliosi Versets di carattere pastorale (recentemente arricchiti dal prezioso adattamento di Maurizio Machella del Verset en ré mineur dal Vademecum de l’Organiste, Op.187 che richiama cosi da vicino, anche per tonalità, il frattello maggiore tratto da L’Organiste Moderne). Possibile mi chiedo che mai, durante una celebrazione natalizia, queste semplici partiture vengano riscoperte in Italia salvandoci dalle più indigeste delle improvvisazioni?

 

Abbiamo già accennato alla Marche en mi bémol ed all’Offertoire en ré mineur che preludono ad una concezione più specificatamente sinfonica della composizione organistica che troverà la sua consacrazione con Franck prima e Widor e Vierne poi.

 

Una menzione particolare per la Sortie “Boléro de concert” en sol mineur, Op.166, vero è proprio brano da salone – lei sì – ma la cui genialità e l’entusiasmo generato dalla esecuzione di Christopher Herrick sull’organo della Royal Albert Hall (Organ Firework II) ne hanno consacrato la celebrità e per la tenerissima Fantaisie sur La Flûte Enchantée, dapprima eseguita da pochi organisti quali Jean-Paul Imbert e Hervé Desarbre e via via diffusasi nei programmi concertistici e nei progetti discografici.

 

Poche parole anche sull’Office Catholique, 120 Morceaux divisés en dix Suites composés pour l’harmonium ou l’orgue à tuyaux, op. 148 (1861). Come molti altri metodi di questo periodo, si possono considerare esaustivi dal punto di vista dell’organista liturgico. Con questo genere di pubblicazioni, anche l’organista inesperto poteva trovare tutto il necessario per iniziare a padroneggiare lo strumento ed accompagnare la liturgia, senza contare l’abbondanza di composizioni più o meno brevi per le situazioni che gli si potevano presentare. Sebbene la qualità delle composizioni sia decisamente ordinaria rispetto alle raccolte citate, questo genere di pubblicazioni fiorirono negli anni tra il 1825 ed il 1855. Pensiamo che il solo Adolphe Miné (1797-1854) ne compose una quindicina, ai quali si aggiunsero tre veri e propri metodi d’organo, tra i quali il Manuel simplifié de l’organiste.

 

Un ultimo accenno alla produzione vocale. Contrariamente al carattere orchestrale ed operistico delle pagine organistiche di Lefébure-Wély è bene dire che egli non si cimentò mai nel genere dell’Opéra-Comique se non dopo i quarantanni anni, quando lasciò il suo posto a La Madeleine, decisione fallimentare coronata dall’insuccesso dell’opera Les Recruteurs. In questo senso, la raccolta di 24 Cantiques (1844) costituisce una vera eccezione. Furono pubblicati l’anno successivo al matrimonio con la cantante Fanny Hodker e dedicati alla “Confrèrie du Rosaire” de Saint-Roche. I Motets, al contrario, ricalcano la più pura tradizione liturgica francese, composti in lingua francese ed affidati a cantanti professionisti.

 

Per riprendere quanto detto nella nota introduttiva, se queste righe saranno servite ad icuriosire o convertire anche solo una manciata di scettici, allora il mio obiettivo è stato raggiunto! A.P.

 

 

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CATALOGO DELLE OPERE per organo, harmonium e harmonicorde

 

Leçons méthodiques pour Orgue-Mélodium, Op.19

Fantaisie sur Guillaume Tell, Op.29

Six Offertoires Op.34 (ca.1857)

Six Grandes Offertoires, Op.35 (ca.1857)

Six Organ Pieces, Op.38

Fantaisie sur La Somnambule, Op.40

Les chants du soir, Op.50

L'heure de la prière, Op.54b

Six Morceaux religieux (1866)

Venite Adoremus – Chant de Noel (1875), originale per piano

Six Morceaux pour l’Orgue, contenant 3 Marches et 3 Élévations Op.36 (pubblicate da Pérégally nel 1880. Della raccolta fa parte la Elévation E-Dur Op. 38, pubblicata da Novello col titolo “Adagio”)

Marche, Op. 85

Romance sans Paroles, Op. 92 (1876), originale per pianoforte, trascritta e pubblicata per Schott da W.T. Best

Élegie, Op. 96 (1856), originale per Harmonium (trascritta per organo da W.Thomas Best che la inserì nel 1883 nel Vol.35 della raccolta “Caecilia, Organ Pieces in divers styles”)

Pifferari, Op.98 – Scène Italienne, pubblicata originariamente come “Aubade Italienne pour piano, Op. 98” (1856)

Suite de morceaux de salon pour l'harmonicorde, Op.  104

Suite No. 2 de morceaux de salon pour l'harmonicorde

Caprice, Op. 120

Meditaciones religiosas para organo, Op. 122 (1858)

Suite de morceaux pour harmonicorde, Op. 123

Six Grands Offertoires composé pour son fils

L’Organiste Moderne - Collection de Morceaux d’Orgue dans tous les Genres en 12 Livraisons, hommage à Mr. l’Abbé Hamon, Curé de St. Sulpice. Ces Morceaux ont été écrits d’après des Motifs improvisés aux Offices de St. Sulpice (1867-69)

Dans la prairie, Op. 145

En avant marche, Op. 147

L’Office Catholique. Op. 148, 120 Morceaux divisés en dix Suites composés pour l’harmonium ou l’orgue à tuyaux, op. 148 (1861-9)

Sortie “Boléro de concert” en sol mineur, Op. 166 (1865), pubblicato da Réginier-Canaux

Fantaisie sur La Flûte Enchantée

Fantaisie sur Don Pasquale

Vade-mecum de l’organiste, Op. 187

Morceau pouvant servir à une messe de mariage ou pendant une procession

Hymne à la Vierge

Hymne du matin

Soirées de l'Organiste

 

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NOTE

 

1 - Titolare degll’organo Clicquot/Gonzalez di Saint-Nicolas-des-Champs e dell’organo Schwenkedel di Saint Thomas d’Aquin a Parigi ed in precedenza titolare dell’organo Gonzales della Cattedrale di Soissons.

2 – Fu il padre, dal nome François Lefébure, a cambiare il cognome in Lefébure-Wély, apparentemente per seguire la moda tutta inglese del doppio cognome. Quuesto spiegherebbe anche il perché la scrittura corretta del cognome non porta l’accento sulla “é” di Wely. Il nome di battesimo del figlio fu Alfred e non Louis-James-Alfrèd, dal momento che il padre utilizzò sempre quest’ultimo per riferirsi a lui nei suoi scritti.

3 – La Bibliothèque Nationale di Parigi detiene i seguenti manoscritti per organo di Isaac-François-Antoine Lefébure-Wély, la maggior parte dei quali dedicati al figlio: 12 Messes pour orgue, 7 Recuils d’antiennes, 14 Suites de pièces d’orgue, Messe Solemnelle majeure, Messe Solemnelle majeure pour le jeudi saint, Deux Messes des doubles majeures, Rentrée de la procession, Benedictus, Antiennes à la Ste Vierge, Saluts, Magnificat du 6me ton.

4 - Il famoso “Serenade” tratto dal Victor Hugo di Charles Gounod è stato tra i brani dedicati a Fanny Hodker.

5 -“…un improvvisatore spiritato, ardente e sensibile, un maestro dell’arte del contrasto, che si getta con straordinaria audacia in meditazioni alle quali conferisce un carattere rustico con la sua arte, idee e brio…” (il critico de “Le Ménestrel”)

6 – “L’apprezziamo più per i suoi difetti che per le sue qualità” (Gioacchino Rossini)

7 – Non è chiaro in realtà chi decise gli importanti cambi che portarono un incremento del costo dello strumento del 40%. L’azienda di Cavaillé-Coll impiegava ai tempi 120 operai e non avrebbe certo avuto difficoltà ad effettuare le modifiche in corso così come era già capitato in altre occasioni. Lo stesso organaro era capace di stravolgere la disposizione fonica concordata “senza coinovolgere alcuno”. Fatto sta che il progetto iniziale, che ricalcava esattamente quello dello strumento di Bayonne del 1849, vide l’aggiunta tra il giugno 1858 e l’agosto 1859 dei seguenti registri: Récit: +Voix céleste 8’ + Clairon 4’, Positif : + Bourdun 16’ + Clairon 4’, Pedal: + Basson 16’ + Soubasse 32’ che portarono il totale a 46 e l’incremento del numero di Pédales de combinaison da 10 a 14. Inoltre la Forniture IV ed il Cymbale II del Grand Orgue confluirono nel Plein Jeu Harmonique VII.

8 – Si intende per Secondo Impero il periodo comreso tra il 1852 ed il 1870, durante il quale il Principe Luigi Napoleone, nipote di Napoleone I, eletto presidente della Seconda Repubblica (1848-1852), accrebbe il proprio potere fino alla dittatura con il nome di Napoleone III.

9 – A questo proposito è bene ricordare che secondo Loic Métrope, nel suo “Les grandes orgues historiques de Saint-Roch”, Lefébure-Wély morì alle 16.30 del 31 dicembre 1869.

10 – “La situazione della musica religiosa nella diocesi di Parigi non è florida. Si può dire che la musica, inclusi i “plainchant”, è in declino. Gli inni sono pressochè irriconoscibili e l’accompagnamento organistico ricorda il vestito di arlecchino” (Georges Schmidt, titolare di St. Sulpice, 1863) Non si trattava certo della prima crisi di questo tipo ma mai in precedenza si erano verificate simili frizioni tra la religione ed il sentore popolare. Il modo nel quale la musica sacra venne riformata risale alla seconda metà del XIX secolo, grazie agli studi sul canto gregoriano (con l’opera pionieristica di Solesmes) curati dalla Association des artistes musiciens e dalla Ecole Niedermeyer, fondata nel 1853 e miranti all’utilizzo di un arcaico sistema modale e della polifonia vocale alla maniera di Palestrina. Queste nuove norme si sposavano perfettamente con la politica di Napoleone III secondo il quale Chiesa e Stato dovevano essere un tutt’uno.

11 – “Léfebure-Wély, che fu un meraviglioso improvvisatore (lo dico per averlo ascoltato di persona), ha lasciato nient’altro che poche insignificanti pagine per organo…” (Camille Saint-Saens)

12 – “A mon amis, Monsieur Léfebure-Wély” (Cesar Franck)

13 - Come osserva giustamente Joël-Marie Fauquet, “L’intenzione di Franck nel comporre questo brano dedicato a gradi effetti, con le roboanti 29 battute iniziali di pedale solo, sembra aver avuto l’intenzione di battere Lefébure-Wély al suo stesso gioco”. Il brano ricevete ottime recensioni da parte del pubblico, ma a ripensarci l’esperimento si risolverà in un fallimento, visto che il Final, Op.21 rimarrà fino ai giorni nostri il meno eseguito dei grandi brani dell’autore, per una pesantezza e ridondanza della partitura ed una difficoltà che per molti non vale la pena di essere sfidata…esattamente il contrario di quanto è accaduto per la onnipresente Piece Heroïque.

14 - Sebbene Cavaillé-Coll riconoscesse la grandezza di Franck, raccomandava che fossero altri ad inaugurare i suoi strumenti. Esecutori come Cavallo, Simon, Durand e, su tutti, Lefébure-Wély non erano secondi a nessuno nell’arte di simulare tempeste, uragani, battaglie e naufragi mediante cascate di suoni simili a sciacquoni del water… (Michael Murray). Le loro improvvisazioni, che utilizzavano ogni risorsa dello strumento, deliziavano il pubblico e gratificavano il commiittente.

15 - “Tutto è cambiato al momento in cui ti scrivo. Ariette e sarabande vengono suonate all’elevazione dell’ostia e del calice; e per il Te Deum ed i Vespri, brani campestri, minuetti, romanze e rigaudon. Dov’è quell’ammirevolre Daquin, che mi deliziò così tante volte? E’ morto nel 1772 e l’organo con lui” (Mercier, Tableau de Paris)

16 – Celebre la composizione “Louis XVIII ou le retour du bonheur en France”, Op.14, con la riproduzione del celebre “God Save the Queen”.

17 – Tra le opere pubblicate da Lesceux ricordiamo la Nouvelle Suite de pièce d’orgue (1810) e due volumi intitolati Essai théorique et practique sur l’art de l’orgue (1809), contenente una Symphonie concertante ed un Judex crederis esse venturus e un Annuaire de l’organiste (1819), contenente Messes, Hymnes, Magnificats e Te Deum.

18 - Michel Corrette ha il merito di aver composto alcune tra le più belle pagine dell’organo francese. Queste in particolare sono note al pubblico grazie all’organista Jean-Paul Lecot che le ha riproposte infinite volte sia in concerto che nelle numerose registrazioni discografiche: 1er e 2èmeMusette, Chromorne en taille (Premier Livre d’Orgue, 1737), Concert de Flûtes, Grand Jeu (Deuxieme Livre d’Orgue, Paris, 1750). E’a Corrette che si deve la dicitura Concert de flûtes che subentrò a quella che era in passato il Trio de flûtes.

19 - Dal momento che il brano dipinge il disordine della natura, l’organista può iniziare ad imitare il vento sui registri di fondo, ed evocare poi il suono del tuono, prolungato e desiderato, al fine di mimare la confusione dell’universo.

20 - Quasi contemporanei, nati a soli cinque anni di distanza l’uno dall’alro, figli di organisti, bambini prodigio, in grado di assumere il posto di organista titolare in giovane età (Lefébure-Wély ad otto anni a Saint-Roche e Lemmens a quattordici a Diest), entrambi intrapresero un ciclo di studi impegnativo, incentrato sul pianoforte e sulla composizione, entrambi sposarono una cantante professionista e raggiunsero la fama prima del trent’anni, entrambi morirono all’apice della notorietà, uno a 52 anni, l’altro a 58.

21 – Edouard Batiste venne nominato titolare dello strumento il 1 agosto 1854 da una commissione formata da Auber, Niedermeyer, il Barone Taylor, Benoist, Lefébure-Wély e Fessy. Da allora l’Association des Artistes Musiciens della quale faceva parte dal 1843 organizzò annualmente in occasione della festività di Santa Cecilia, il 22 novembre, una cerimonia solenne a Saint-Eustache, durante la quale Batiste suonò l’organo, accompagnando un coro di 600 coristi, improvvisò sui temi del Tannhäuser, del Faust e di altre composizioni note, ed eseguì brani da composti per l’occasione (Offertoires Op. 7 e 10, Op. 30 e Op. 35).

22 – “L’ariste joue d’une manière très sévere et ‘use nullement des ressources de l’orgue moderne; or, ce jour-là, ce qu’on voulait entendere c’était l’orgue surtout, il ne s’est pas assez attaché à la faire valoir (l’artista suona in un modo oltremodo severo e non utilizza per niente le risorse dell’organo moderno; oppure, quel giorno, non era interessato a far vedere che l’attenzione era concentrata sull’organo) (adolphe Adam, 1846)

23 – Una delle specialità di Batiste, nell’inaugurare uno strumento, era quella di suonare i registri ad uno ad uno descrivendo una scena pastorale interrotta dal tuono. Nel 1862 l’organista descrisse così una la sua carezzevole composizione (Offertire – Fantaisie – Orage, Op. 23) scrivendo a margine della partitura una nota estrememente esplicativa: “Dans certaines solennités religieuses et musicales on désire entendre sur l’Orgue l’imitation plus ou moins réelle d’un Orage, et quelques intruments célèbres même, doivent une partie de leur réputation à la possibilité de cette imitation comme bien certainement aussi à la manière habile et de parfaite convenance dont l’Organiste doit faire preuve. Un morceau de ce genre est en effet fort beau lorsqu’il est traité religeusement et non comme une fantasmagorie indigne de la maison de DIEU. C’est sortout une possibilité de faire entendre quelques unes des innombrables ressources du Roi des instruments et notamment la majestè et la puissance des grands fonds de l’Orgue (In alcune solennità religiose e musicali si vuole sentire sull'organo l’imitazione più o meno reale di una tempesta, e alcuni registri anche noti, devono parte della loro reputazione alla possibilità di questa imitazione così come certamente al modo intelligente ed alla perfetta correttezza che deve mostrare l’organista. Un brano di questo genere è di bell’effetto se trattato religiosamente e non come una fantasmagoria indegna della casa di Dio. Questo è soprattutto l'opportunità di far ascoltare alcune delle innumerevoli risorse del Re di strumenti e soprattutto la maèsta e la potenza dei registri di fondo)”.

24 - Per chi fosse interessato al brano, lo può ascoltare nel CD “Scène Pastorale et Oràge”, edito da MOTETTE (10571, Marie-Louise Jacquet-Langlais, organo Cavaillé-Coll, Cathédrale Saint-Croix, Orléans, 1982)

25 – Per chi fosse interessato alla musica organistica di Alkan, si consigliano le due ingrali registrate dall’organista inglese Kevin Bowyer nel 1988 all’organo Willis della Salisbury Cathedral (Nimbus) e nel 2005 all’organo Walker della Blackburn Cathedral (Toccata) ed i CD di John Wells all’organo Willis della St.Matthew’s-in-the-City, Auckland nel 1989 (Ribbonwood) e Nicholas King all’organo Bishop della St .Peter’s Church, St. Alban’s, Hertfordshire nel 1988 (Symposium).

26 – Fedelissimo della Merklin & Schütze, negli anni tra il 1855 ed il 1875 Batiste inaugurò almeno 60 strumenti in patria ed all’estero. Tra questi gli organi delle cattedrali di Viviers, Rouen, Brouges (1860), Dijon (1861), Arras (1862), Lione e Senlis (1875), Ginevra (1866 e 1875), Friburgo (1867).

27 – La coppia Charles Barker e Albert Peschard era già nota per aver inventato in passato la trasmissione pneumatica. Nel 1870 Barker fu costretto ad abbandonare la Francia e lo strumento passò nelle mani di Paul Ferat e Gabriel Cavaillé-Coll, figlio di Aristide. A causa dei problemi di trasmissione, nel 1893 Cavaillè-Coll fu incaricato di un ampliamento comprendente l’estensione dei manuali a 56 note, della pedaliera a 30 note, dell’aggiunta di 9 registri e della sostituzione della trasmissione in meccanica con il supporto della classica “leva Barker”. La nuova inaugurazione si tenne il 30 maggio 1899.

28 – Pensiamo a Le sanguinose giornate di marzo ossia la Rivoluzione di Milano del nostro Padre Davide da Bergamo (1791-1863).

 

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BIBLIOGRAFIA

 

Orpha Ochse – Organists and Organ Playing in ninetheenth-Century France and Belgium – Indiana University Press, 1994

Michael Murray – French Masters of the Organ – Yale University Press, 1998

Lawrence Archbold/William J. Peterson - French Organ Music from the revolution to Franck and Widor – University of Rochester Press

Fenner Douglass - Cavaillé-Coll and the French romantic tradition – Nex Haven Yale University Press, 1999

 

Sono stati altresì utilizzati in parte i libretti di tutti i CD che trovate elencati in Discografia, che a loro volta rimandano a pubblicazioni scritte, tra le quali quelle sopra elencate.

 

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DISCOGRAFIA

 

Lefébure-Wély – OEuvres d’orgue – René Saorgin, organo Nicholas Antoine Lété (1845), Église Abbatiale, Nantua / HARMONIA MUNDI 1901205 (1976)

 

Lemmens & Lefébure-WélyPatrice Caire, organo Callinet, Saint-Pierre de Saint-Chamond, Loira, Francia – REM 311067 (1988)

 

Lefébure-Wély – Orgelwerke Irmtraud Krüger, organo Cavaillé-Coll, Collégiale Saint-Hippolyte, Poligny, Francia – PAN 510050 (1991)

 

Lefébure-Wély – Romantische Orgelmusik - Jane Parker-Smith, organo Forster & Nicolaus, St.Nikolaus, Frankfurt-am-Main, Bergen-Enkheim, Germania / MOTETTE 11691 (1991)

 

Lefébure-Wély – Organ Music David Sanger, organo Walker, Exeter College, Oxford, Inhilterra – MERIDIAN CDE 84296 (1994)

 

Lefébure-Wély – L’Organiste moderne, plain-chant & pièces d’orgue - Vincent Genvrin, organo Cavaillé-Coll, Église Saint-Sulpice, Parigi, Francia / Ensemble vocal L’Accent Grave, dir. Xavier Bisaro / Ensemble vocal Intermezzo, dir. Claire Marchand (1995)

 

Lefébure-Wély - Méditacionas Realigiosas, Op. 122 – Cantiques & pièces d’orgue - Vincent Genvrin, organo Cavaillé-Coll, Église de la Madeleine, Parigi, Francia / Sylvie de May, soprano / Sophie Fournier, soprano / Catherine Ravenne, alto / Ensemble vocal Pythagore, dir. Géraldine Toutain / Antoine Espagno, contrabbasso (1995)

 

Salomé & Lefébure-WélyAlfred Müller, Matthias-Basilika, Trier, Germania – PSALLITE CD 60201 (1997)

 

Lefébure-Wély - Méditacionas Realigiosas, Op. 122 / Franck – Motets & Pièces Posthumes – Joris Verdin, organo Cavaillé-Coll, Cathédrale, Saint Brieuc, Francia / Vlaams Radio Koor – dir. Johan Duijck (2002)

 

Lefébure-WélyAusgewählte Orgelwerke - Reinhard Kluth, organo Weimbs, St.Gertrud, Düsseldorf-Eller, Germania / PSALLITE CD 60221 (2002)

 

Lefébure-WélyMéditacionas Realigiosas, Op. 122Mirko Ballico, organo Nacchini (1758)/Malvestio (1907)/Girotto (2000), Duomo di Crespano del Grappa (TV), Italia (2003)

 

Lefébure-Wély – Organ Works - Ben van Oosten, organo Cavaillé-Coll, Église de la Madeleine, Parigi, Francia, MDG (2004)

 

Lefébure-WélySix Grands Offertoires, Op. 35, Extraits des Meditaciones religiosas, Op. 122, Scène pastoraleJoris Verdin, organo Cavaillé-Coll, Eglise Notre-Dame de Bonsecours, Rouen, Francia / RICERCAR RIC 253 (2006)

 

Lefébure-Wély – L’Organiste moderneUrsula Hauser, organo Ladegast (1871), Dom zu Schwerin, Germania – QUERSTAND VKJK 0828 (2008)

 

Lefébure-WélyHans-Jürgen-Studer, organo Besserer/Mayer, St. Nicolaskirche, Village-Neuf, Svizzera – WIEDISCON 9425 (2011)

 

Lefébure-Wély & César Franck  Valter Savant-Levet, organo Vegezzi-Bossi, Chiesa di S. Francesco, Tonengo di Mazzè (TO), Italia (2008)

 

Lefébure-Wély – Organ Works Vol. IIIIRichard Lea, organo Walker, Liverpool Metropolitan Cathedral, Inghilterra – PRIORY PRCD 726-785-862 (2004-5)

 

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